“C’era una volta il piccolo pastorello Davide che si trovò a combattere contro il gigante Golia…”. Quante volte lo sport ha preso in prestito dalla Bibbia la storia di Davide contro Golia per celebrare un’impresa epica in cui, il contendente nettamente sfavorito alla vigilia della gara, ha avuto la meglio sull’avversario più forte? Ebbene, l’episodio che vuole raccontare questa storia, accade proprio durante una sfida che ricorda la vittoria del pastorello Davide.
C’era una volta una squadra di basket che rappresentava una nazione. Quell’anno, nel 2004, quella squadra avrebbe preso parte alle Olimpiadi di Atene sperando di avvicinarsi al podio per ottenere un dignitosissimo piazzamento. Delle dodici che avrebbero partecipato alla manifestazione, almeno quattro erano fuori dalla portata del piccolo Davide vestito con la canotta azzurra dell’Italia: Spagna, Lituania, Argentina e ovviamente USA. Proprio il Dream Team, la squadra dei marziani NBA, così come raccontato nel film con Michael Jordan “Space Jam”, è il Golia di questa storia. Le gare olimpiche di basket sarebbero iniziate il 15 agosto. L’Italia del coach Recalcati aveva subito, due giorni prima in amichevole, una lezione sportiva dalla Germania di Nowitzki.
Quella sera del 3 agosto, a Colonia, i 14000 della KölnArena erano giunti per vedere LeBron James, Carmelo Antony, Wade, Duncan, Iverson e tutte le altre star NBA, vincere regalando spettacolo, quasi fosse un’esibizione degli Harlem Globetrotters. A loro si aggiungevano anche gli stessi giocatori italiani che nel prepartita scommettevano sullo scarto che avrebbero subito a fine gara. “Bulleri, inguaribile pessimista, parlava di un sessantello, mentre un membro della squadra venne mandato a farsi… “benedire”, quando parlò di possibilità di chiudere con meno di 20 punti di differenza.”. A raccontare quest’aneddoto a fine partita è lui, il protagonista di questa storia: Gianmarco Pozzecco. Il Poz è la personificazione sportiva dell’espressione “genio e sregolatezza”. Anarchico e indolente, capace di intuizioni divine sui parquet d’Italia e d’Europa e, al tempo stesso, di finire fuori rosa nel 2005 a Bologna per contrasti con il coach Repesa. Quella sera accanto a lui con la canotta azzurra c’erano i vari Galanda, Basile, Bulleri e gli altri della spedizione olimpica.
La palla a spicchi nei primissimi minuti è, nemmeno a dirlo, in mano ai fenomeni venuti d’oltre oceano. Tim Duncan dimostra che a rimbalzo non ce n’è per nessuno e porta subito avanti i suoi. L’Italia cerca di parare i colpi. Davanti la tv, seduti sui divani di casa, la speranza dei tifosi azzurri è di perdere almeno in maniera dignitosa: in fondo Galanda ne mette subito tre su tre dalla lunetta. I secondi scorrono e gli americani si portano avanti senza riuscire a scappare. Al quinto minuto, Gianluca Basile, porta sorprendentemente avanti l’Italia 7-6. “Si staranno ancora riscaldando” è la prima cosa che viene in mente riferendosi ai ragazzi di coach Larry Brown. Nel frattempo, però, il cronometro continua a far passare i secondi e gli azzurri rimangono avanti grazie a un Righetti che non deve essere molto informato sui suoi avversari e senza troppo rispetto ne mette sei di fila.
Il Poz entra dalla panca a due minuti dalla fine del primo quarto, giusto il tempo di assistere dal parquet al +7 Italia. I primi due li mette dalla lunetta dopo aver subito fallo dal suo alter ego a stelle e strisce: Allen Iverson. Giusto per capire le similitudini tra i due, la stella dei Sixers era stata messa in tribuna nella partita precedente perché non si era presentato alla riunione tecnica della squadra. Nel frattempo il primo quarto finisce con l’Italia avanti 23-14 e con il pubblico della KölnArena che non gradisce più di tanto. Quello italiano sorridente e soddisfatto, pensa che gli americani staranno giocando come il gatto con il topo, ma intanto il primo quarto è azzurro. Clamorosamente, alla ripresa, lo scenario non cambia. Galanda ne mette addirittura 14 consecutivi, tra cui un canestro su un delizioso assist del Poz, che valgono il 41 Italia 35 USA all’intervallo. Il pensiero comune a tutti gli spettatori era che, al ritorno in campo delle squadre, il Dream Team sarebbe rientrato davvero molto arrabbiato.
In effetti così è, anche se due bombe di Bulleri e Basile, che tira in pratica da casa sua da Ruvo di Puglia, mantengono le distanze tra le due squadre. Larry Brown è una furia e i suoi alzano ancora di più l’intensità della loro partita mettendo alle corde gli azzurri. Tim Duncan in campo si sbraccia per incitare i suoi e gli effetti si vedono, con i professionisti dell’NBA che accorciano il punteggio spinti dal pubblico di Colonia. L’ultimo quarto, assieme agli ultimi minuti del terzo, sono i momenti più caldi nel basket. Coach Recalcati lo sa bene e getta nella mischia il suo numero 9 Gianmarco Pozzecco. Si può dire che inizi in quel momento la partita del Poz.
Dopo due altre bombe di un Basile incontenibile, il play azzurro sale in cattedra e inizia una lezione a tutti i presenti di cosa voglia dire geniale follia: dietro schiena in penetrazione per Soragna e poi lo scarico per il facile canestro di Chiacig. A dieci dalla fine l’Italia conduce per 64-56 contro gli USA. Nessuno ci avrebbe creduto prima dell’inizio della partita, nessuno ci credeva ancora ad un quarto dal termine. Invece Basile, Soragna, Bulleri e gli altri azzurri erano ad un passo dal sogno. Certo, quel passo nel basket può essere lunghissimo, ma se in squadra hai un Pozzecco in serata, allora Davide può davvero avere la meglio di Golia. Così accade che, al rientro sul parquet, il primo canestro sia italiano con Galanda che riceve palla dal Poz che, prima di scaricare per il Lungo di Siena, manda al bar due giganti NBA. Il pubblico di Colonia inizia a capire che lo spettacolo, quello vero, sta arrivando e sarà offerto da quel ragazzo con la canotta azzurra numero 9. Si prende due liberi realizzando entrambi, prima di decidere di mettere un layup (un tiro dal basso verso l’alto sotto canestro) in penetrazione: da mettersi le mani nei capelli. I tifosi tedeschi, sbalorditi, iniziano a darsi di gomito e ad applaudire forte per quello che la “Formica Atomica” stava regalando. Gli USA provano a replicare con un giovanissimo LeBron James, ma il futuro “The King” del basket NBA deve fare i conti con l’infrazione di passi che viene fischiata fuori dal territorio a stelle e strisce. Così, ancora il Poz, illumina il palazzetto andando a premiare con un assist pazzesco il movimento di Galanda per il +18 Italia. Larry Brown chiama il time out cercando di trovare una formula magica per gli ultimi 5 minuti. La KölnArena, invece, è tutta in piedi accettando l’Invito di Gianmarco Pozzecco che chiede il boato del pubblico. Palla di nuovo in campo e subito +21 Italia per un’altra tripla di Galanda su invito del solito numero 9 azzurro. Gli americani provano a spingere mossi dall’orgoglio e vanno a canestro con Wade ed Iverson.
Proprio Allen Iverson, interrogato prima della gara su Pozzecco, aveva risposto: “Pozzecco chi?”. A spiegarglielo, se ancora non l’avesse capito, è proprio il fenomeno azzurro a tre minuti dalla fine. La palla è di Bulleri che la perde e poi se la riprende andandola a consegnare, quasi fosse l’ovale del rugby, al suo compagno di Gorizia. Il Poz riceve palla all’altezza dell’angolo destro della metà campo. La marcatura di LeBron James viene tagliata via dal blocco del Bullo. La Mosca Atomica parte con ferocia verso canestro, davanti a lui Allen Iverson. Il fenomeno NBA può solo provare a fermare l’incedere del Poz che batte il suo diretto avversario in penetrazione e va a canestro. La KölnArena è una bolgia e il Poz ringrazia con un inchino “scippato” a Danilovic. È l’apoteosi per il numero 9 azzurro: sugli spalti i 14000 che erano arrivati per assistere alle prodezze dei campioni americani, non riescono a contenere l’eccitazione per lo spettacolo che l’Italbasket e quel ragazzo genio e sregolatezza stavano offrendo. Il grido “Italia-Italia” rimbomba nel palazzetto accompagnando Davide verso la vittoria per 95-78 contro Golia. Alle Olimpiadi, gli azzurri, arriveranno ad un passo dall’oro, dovendosi arrendere in finale solamente all’Argentina di Manu Ginoboli.