di Sara Santoro
Cesare Prandelli non è più l’allenatore della Fiorentina. O forse, meglio dire che Cesare Prandelli non è più un allenatore di calcio. Le ragioni per le quali il sessantrenne ha deciso di presentare le proprie dimissioni al club toscano vanno ben oltre il calcio giocato. La parentesi alla Fiorentina potrebbe essere stata l’ultimo capitolo di una lunghissima storia, iniziata trent’anni fa quando per la prima volta si è seduto sulla panchina della Primavera dell’Atalanta e l’ha portata alla vittoria del campionato di categoria e del Torneo di Viareggio. I primi successi importanti si materializzano nel 1999, quando alla guida del Verona il tecnico lombardo vince il campionato di serie B e confermato sulla panchina l’anno seguente, conquista un posto in Serie A. Un altro importante snodo della sua carriera arriva nella stagione 2002/2003, quando Prandelli è il tecnico del Parma che giunge quinto in campionato e si qualifica con facilità per la Coppa Uefa. Nel dicembre del 2006, Prandelli vince il premio Panchina d’Oro, assegnato dai suoi colleghi, ma l’anno successivo si spegne la moglie Manuela, momento cruciale nella vita del tecnico. L’apice della sua carriera viene raggiunto nel 2010, quando Prandelli viene nominato Commissario Tecnico della Nazionale italiana, e prende il posto di Marcello Lippi. Rimane sulla panchina della Nazionale per 4 anni, portando gli azzurri in finale all’ Europeo del 2012 e al terzo posto alla Confederations Cup del 2013.
Il ritorno a Firenze
Dopo alcuni anni di inattività e le parentesi al Galatasaray, Valencia, Al-Nasr e Genoa, nel novembre scorso il tecnico lombardo ritorna a Firenze dopo dieci anni. Un amore mai terminato, quasi viscerale nei confronti della città nella quale aveva scelto di vivere. Al suo arrivo aveva dichiarato: “Ho sempre amato la Fiorentina, Firenze. Mi sono pagato gli abbonamenti per vederla. Mi auguro, e spero, di poter dare tanto a questa squadra e alla piazza”. Dopo 21 partite di campionato, condite da solo cinque vittorie, 10 sconfitte e 6 pareggi, più una vittoria e una sconfitta ai tempi supplementari in Coppa Italia, termina così la sua seconda avventura sulla panchina della squadra che più amato nella sua vita. Ma Cesare esce di scena da grande Uomo sensibile e onorevole quale è sempre stato, attraverso la scrittura di una lettera che spiega la sua decisione.
La lettera d’addio
“Nella vita di ciascuno, oltre che alle cose belle, si accumulano scorie, veleni che talvolta ti presentano il conto tutto assieme. In questo momento della mia vita mi trovo in un assurdo disagio che non mi permette di essere ciò che sono. Ho intrapreso questa nuova esperienza con gioia e amore, trascinato anche dall’entusiasmo della nuova proprietà. Ed è probabilmente il troppo amore per la città, per il ricordo dei bei momenti di sport che ci ho vissuto che sono stato cieco davanti ai primi segnali che qualcosa non andava, qualcosa non era esattamente al suo posto dentro di me. In questi mesi è cresciuta dentro di me un’ombra che ha cambiato anche il mio modo di vedere le cose. Sono venuto qui per dare il 100%, ma appena ho avuto la sensazione che questo non fosse più possibile, per il bene di tutti ho deciso questo mio passo indietro”.